Necessario strumento di autosupporto per digerire i fraintendimenti e le inquietudini quotidiane. Quando ogni sforzo di dialogo interculturale cede davanti alla bieca logica capo-dipendente.
6 luglio 2010, 12:29
Senza più parole
Lontani i tempi in cui potevo lamentarmi della scarsa passione per notizie come quelle sul manzo di Kobe o sui paraventi giapponesi!
Il nuovo, che comincia già a essere stantio, scrive solo delle notizie di cui tutti già parlano e mi chiede di continuo chiarimenti sull’amministrazione dell’ufficio. Mi sottopone tutte le lettere, le bollette, tutti i pagamenti, e io devo seguirlo passo passo e dirgli di che si tratta e cosa deve fare. È meticolosissimo: si studia tutto, poi arriva con i fogli segnati da penne ed evidenziatori e comincia a chiedere delucidazioni su spese di estrazione conto, sul recupero spese postali o altre amenità.
Mi manca solo il vetro davanti e poi posso diventare in tutto e per tutto un’impiegata delle poste. Alla faccia del giornalismo!
6 luglio 2010, 12:30
A ciascuno la sua (di vergogna). Ma chissà perché quelle altrui sembrano migliori
Mi chiede di tradurgli l’aggettivazione degli articoli sullo scandalo del sumo e del coinvolgimento della yakuza. C’è poco sulla stampa italiana. Domanda:
"C’è qualcuno che ha scritto ‘vergognoso’?"
Risposta: "C’è poco da scrivere vergognoso, noi abbiamo la nostra di mafia"
*Lavoro per un giornale giapponese, ma in Italia. Non parlo giapponese, ma passo le giornate a discutere con un giapponese: il mio capo. Ne ho cambiati diversi, eppure molte questioni sono rimaste le stesse. Ce n’è una, poi, a cui proprio non so dar risposta: che ci faccio qui? (senza scomodare Chatwin per carità)