Zhou Yongkang, potente capo dei servizi di sicurezza, ha pubblicato un discorso nel quale critica la corruzione dei funzionari e si schiera apertamente contro la tortura. Sostiene anche la leadership del presidente Hu Jintao. Si tratta di un passo avanti in vista del cambio dei vertici previsto per ottobre. In un discorso stampato sul quotidiano Qiushi, Zhou Yongkang, il potente capo dei servizi di sicurezza cinesi che dirige la Commissione per la legge e la politica del Partito, ha espresso le proprie opinioni sulle forze di polizia cinesi.
Zhou ha sottolineato l’importanza del rispetto dei diritti e della necessità di non ricorrere mai all’uso della tortura, esprimendosi a favore del Presidente Hu Jintao, da molti considerato un suo oppositore politico.
Il caso di Bo è scoppiato all’inizio della primavera, ma continua a tenere banco sui giornali e nelle opinioni degli analisti. Ricapitolando: Bo Xilai, ex segretario del Partito di Chongqing, subì un colpo politico quando Wang Lijun – capo della sicurezza della città e braccio destro di Bo -si recò al consolato americano di Chengdu.
Di lì a poco la carriera politica del potente leader è andata in frantumi: è stato infatti cacciato sia dal suo posto a Chongqing sia da quello all’interno del Politburo, l’organo più importante del Partito.
In precedenza, si pensava che Bo avrebbe ricevuto un posto all’interno del Comitato permanente del Politburo in occasione della cambio dei vertici di ottobre.
Proprio per questo, sono in molti a pensare che dietro alla cacciata si nascondano delle motivazioni politiche. Secondo l’analisi più comune, sarebbe proprio Hu Jintao, il Presidente della Repubblica favorevole ai moderati, il nemico politico di Bo.
Zhou Yongkang – del quale si diceva che avrebbe presto perso il posto – sarebbe stato invece il suo difensore.
Alla luce di quanto detto, le parole di Zhou assumono un significato e un’importanza diverse. Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, infatti, il capo della sicurezza nazionale avrebbe dichiarato che “gli ufficiali della sicurezza dovrebbero, in ogni circostanza, seguire la stessa linea della leadership centrale, con il Presidente Hu Jintao al vertice”.
Zhou avrebbe quindi “richiesto ai funzionari che si occupano dell’applicazione della legge di essere leali alla leadership del Presidente Hu Jintao, un cosa fattibile a patto che si eliminino le pratiche più dure, come la tortura e gli abusi sui prigionieri, che potrebbero violare i diritti dei sospettati”.
Zhou non sembra gardire nemmeno che i funzionari pubblici abbiano un tornaconto personale nell’amministrazione della giustizia: “Dobbiamo evitare che i nostri funzionari siano disonorati da tentazioni di natura economica e da connessioni personali, che finirebbero per generare comportamenti non consoni e giudizi ingiusti”.
Zhou ha anche dichiarato che “gli ufficiali della polizia devono promuovere la giustizia sociale e evitare la corruzione” e ha spronato le autorità “perché affrontino i problemi pubblici con l’obbiettivo di ottenere più fiducia e supporto [dalla popolazione]”.
Resta il mistero del ruolo svolto da Zhou nella vicenda di Bo. I media di Hong Kong hanno riportato l’opinione di alcuni analisti politici, secondo i quali Zhou sarebbe ancora in sella perché “Hu è stato costretto ad arrendersi alle forze dell’ala conservatrice, decidendo di porre un freno alle indagini sul caso di Bo”.
Lo avrebbe fatto perché “la leadership centrale è felice di mostrarsi in armonia e unita prima della transizione politica del diciottesimo Congresso del Partito”.
* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.
[Scritto per Lettera 43; Foto Credits: spanish.ntdtv.com]