La Banca mondiale ha ritirato il prestito accordato al Bangladesh per la realizzazione di un ponte sul fiume Padma. Il progetto, di grande importanza strategica per Dhaka, è saltato per accuse di corruzione ai danni di esponenti del governo. Ma Dhaka non ci sta e rimanda le accuse al mittente.
Il fiume Padma è uno dei principali emissari del Gange. Il corso d’acqua, imponente e putrido, taglia in due la parte occidentale del Bangladesh, costringendo il trasporto di merci e persone dalla capitale Dhaka verso la parte meridionale del Paese ad un trasbordo obbligato su barconi e chiatte che tutto l’anno, alluvioni permettendo, fanno la spola da una riva all’altra.
Nell’aprile del 2011 la Banca mondiale aveva raggiunto un accordo col governo del Bangladesh, rendendosi disponibile a fornire un prestito ponte di 1,2 miliardi di dollari per la realizzazione di un ponte sul fiume Padma. Il progetto ha un enorme valore strategico per il Bangladesh: autostrade a due corsie, binari ferroviari, il ponte avrebbe rivoluzionato il sistema dei trasporti del Paese e dato un considerevole impulso all’economia del sud, dove risiedono approssimativamente 30 milioni di persone.
Ma l’ombra della corruzione, in un Bangladesh al 120esimo posto nella classifica di corruzione percepita secondo Transparency International, si è allungata sul progetto, tanto che già nel settembre 2011 la Banca mondiale aveva deciso di sospendere l’erogazione dei fondi, accusando Dhaka di aver appuntato dei consulenti per la realizzazione del ponte a seguito di un giro di mazzette tra funzionari del governo e tecnici.
Le prove in possesso della Banca mondiale furono consegnate in due tempi (settembre 2011 ed aprile 2012) al primo ministro Hasina, al ministro delle Finanze Muhit ed alla Commissione anti-corruzione del Bangladesh (Acc), attiva nel Paese dal 2004.
Le condizioni imposte dalla Banca mondiale erano molto chiare: istituzione di una commissione d’inchiesta speciale all’interno della Acc, condivisione dei progressi delle indagini con funzionari della Banca mondiale e provvedimenti disciplinari contro le “mele marce”. Solo allora sarebbe arrivato il via libera per i fondi.
La risposta di Dhaka all’ultimatum non è stata convincente. Venerdì scorso l’istituto finanziario presieduto dallo statunitense Jim Yong Kim con una lettera ufficiale a definitivamente cancellato il prestito ponte.
Nella lettera si legge: “La Banca mondiale è in possesso di prove credibili raccolte da diverse fonti che indicano una cospirazione di corruzione tra funzionari governativi, dirigenti della SNC Lavalin e altri privati coinvolti nel progetto del Ponte multifunzionale sul fiume Padma”.
La Banca mondiale fa riferimento esplicito alle accuse di corruzione contro due ex dirigenti della SNC Lavalin, compagnia edile canadese con sede a Montreal che avrebbe dovuto partecipare alla realizzazione del progetto. Nonostante il processo ai danni dei due sia ancora in corso, la Banca mondiale ha deciso di tirarsi fuori dal progetto “alla luce della risposta inadeguata del governo del Bangladesh”.
Il ministro delle Finanze Muhit è andato su tutte le furie. In un’intervista al Daily Star, quotidiano di Dhaka, Muhit ha spiegato che le “prove credibili” della Banca mondiale sarebbero state raccolte in seguito alle dichiarazioni di due testimoni le quali identità – per salvaguardare le indagini, dicono la Banca mondiale e le autorità canadesi – non sono state rese note al governo di Dhaka.
“Le prove credibili saranno credibili secondo la nostra legge solo quando saremo in grado di rintracciare i testimoni”, ha spiegato Muhit al Daily Star.
Il Wall Street Journal si spinge oltre, riportando accuse pesantissime che il ministro delle Finanze avrebbe mosso contro l’istituto finanziario internazionale. Secondo Muhit la Banca mondiale si sarebbe tirata indietro all’ultimo – i fondi sarebbero stati erogati tra meno di un mese – dopo che Dhaka avrebbe escluso dalla gara d’appalto un non meglio specificato “contractor cinese”, fortemente voluto da Washington ma escluso dalle autorità bangladeshi per accuse di “frode”.
Ora che la Banca mondiale non fa più parte del progetto, anche gli altri finanziatori del ponte stanno abbandonando la nave. Oggi la Asian Development Bank (Adb), che aveva promesso a Dhaka 600 milioni di dollari, si è ufficialmente chiamata fuori, mentre la Japan International Cooperation Agency (Jica), che avrebbe dovuto fornire altri 400 milioni di dollari, si sta consultando con Tokyo per decidere le prossime mosse.
Secondo il Wall Street Journal il governo di Dhaka avrebbe intenzione di rivolgersi ad un altro istituto finanziario malese, nel tentativo di non far naufragare definitivamente la realizzazione del ponte e, soprattutto, per cercare di recuperare i 180 milioni di dollari che Dhaka ha già sborsato nel progetto. Soldi che sarebbero dovuti rientrare nelle casse dello stato proprio col prestito ponte della Banca mondiale.
Visto il fuggi fuggi generale, l’eventualità di una risposta affermativa da Kuala Lumpur appare decisamene improbabile. Il ponte sul fiume Padma, almeno per ora, sembra rimanere solo un sogno.
[Foto credit: rajbari.net]