Una truffa olimpica: Wang Di, una donna cinese che pretendeva di essere collegata ad alti esponenti del Partito comunista, ha ingannato quasi trenta persone, fra atleti e celebrità, offrendogli di comprare case e automobili per milioni di euro. E lasciando tutti con un pugno di mosche.Secondo il Global Times, la truffa avrebbe riguardato 27 perone e il valore dei beni si aggirerebbe intorno ai 55 milioni di rmb, poco meno di 7 milioni di euro.
Per il South China Mornig Post, la cifra sarebbe stata ancora più elevata – di 60 milioni di rmb – in finte case e auto che facevano parte di un piano “orchestrato da una donna che pretendeva di essere una cosiddetta ‘principessa’ – la figlia di un funzionario superiore del Partito comunista”.
Secondo il Beijing Times, Wang Di “stabilì delle relazioni con le celebrità attraverso il suo ex marito, un giocatore di calcio nella città di Dalian”.
Secondo i media locali, “la sua Audi, le sue borse griffate e il suo stile di vita lussuoso convinsero Yang Yun. Fu lei a far conoscere suo marito e altre figure note a Wang Di”.
Wang – in realtà proveniente da una famiglia di pensionati – avrebbe finto di essere la figlia del governatore della regione del Liaoning, e avrebbe usato la sua falsa identità per “ingannare atleti come i ginnasti e detentori dell’oro olimpico Yang Wei e Zhou Kai e la nuotatrice, anche lei oro olimpico, Luo Xuejuan”.
E la donna non si è limitata al mondo dello sport, attirando nella sua tela anche “l’attrice Wang Likun e altre 22 celebrità”. Le truffe sono andate avanti dal 2008 fino al marzo dell’anno scorso.
Alla polizia la donna avrebbe detto di aver speso milioni di rmb per sé e di averne dati altri 12 al suo ragazzo ventisettenne, il ginnasta Xiao Qin, che vinse l’oro alle Olimpiadi di Pechino nel 2008.
Per i media locali, “non è chiaro se qualcosa sia successo a Xiao. Si sta allenando per le Olimpiadi di Londra”. La madre dell’atleta, però, si è detta poco convinta delle parole di Wang: “Come potete fidarvi di un imputato? Posso solo dirvi che ciò che ha detto non è un fatto”.
E avrebbe aggiunto: “se mio figlio fosse stato coinvolto nelle truffe, perché allora i leader gli consentirebbero ancora di prendere parte agli allenamenti?”
L’altra figura ambigua di questa storia è quella di Zhu Shuanghuang, la prima ad accorgersi di essere stata truffata. Secondo il South China Morning Post, nel 2010, quando Zhu – che di professione fa il broker – si accorse di essere stata ingannata, non chiamò la polizia, ma “spedì i suoi amici a casa di Wang Di per cercare di costringerla a ripagare 3.8 milioni di Yuan. Poi si sarebbe riunita a Wang per cercare di recuperare il denaro”.
E martedì scorso, il 26 giugno, sarebbe comparsa in tribunale, accusata di essere un complice.
* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.