Alla vigilia del G20 il Presidente cinese ha affrontato il tema della crescita economica minacciata dalla crisi europea. Ha anche toccato il tema caldo del sistema di voto del Fmi, dove i paesi emergenti chiedono più potere. Una riforma è già in corso, ma ridistribuire i voti potrebbe essere difficile. Domenica 17 giugno il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Hu Jintao, ha parlato della crisi economica e del futuro della politica mondiale.
Hu si trova in Messico, dove oggi lunedì 18 giugno inizieranno i lavori del G20. I temi caldi saranno la crescita globale e la riforma del Fondo Monetario Internazionale.
Per la Cina la crisi europea rappresenta una minaccia più che concreta, perché il Vecchio Continente è il primo importatore al mondo di prodotti cinesi.
Sono in molti a sostenere che un tonfo in Europa si tradurrebbe in un colpo all’economia del Dragone. La Cina, inoltre, nutre speranze sull’euro per diversificare le sue riserve valutarie.
Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), una delle principali istituzioni politico-economiche mondiali, è controllato dai paesi occidentali. La crescita dei Paesi emergenti ha reso obsoleto il suo assetto attuale.
La riforma del Fondo si ricollega al problema europeo perché è tramite questa istituzione che la Cina può contribuire ad aiutare l’Europa. Secondo qualcuno, però, Pechino sarà disponibile a farlo solo in cambio di concessioni politiche.
Il China Daily ha riportato le parole di Hu: “dato l’attuale sistema economico mondiale, i membri del G20 dovrebbero rimanere uniti in questi tempi difficili e perseguire strategie che permettano a tutte le parti in gioco di vincere.”
Secondo il quotidiano cinese, Hu si sarebbe mostrato ottimista riguardo al futuro: “L’economia mondiale è sulla via del recupero e le prospettive per la crescita, fino ad un certo punto, stanno migliorando”.
Avrebbe però aggiunto che “il recupero non è ancora stabile e deve affrontare delle grandi sfide”.
Proprio per questo “dovremmo continuare a opporci al protezionismo in ogni sua forma e portare avanti i negoziati di Doha. Dovremmo continuare a dare alta priorità allo sviluppo e promuovere la crescita dei Paesi in via dei sviluppo per incrementare la domanda globale”.
Parlando dell’Europa, il Presidente cinese ha affermato che “il G20 dovrebbe affrontare il problema in modo costruttivo e cooperativo, incoraggiare gli sforzi fatti dall’Europa per risolverlo dando ai mercati un segnale di fiducia”.
Secondo quanto è stato riportato dal South China Morning Post, Hu si sarebbe mostrato fiducioso sul fatto che “il suo paese manterrà una crescita costante e robusta, contribuendo così alla crescita economica globale”.
Proprio negli ultimi mesi la Cina ha subito una rapida diminuzione del suo tasso di crescita.
Hu si è espresso anche sulla riforma del Fondo monetario, l’altro tema caldo di questo G20. La stampa locale, riferendosi ad un’intervista rilasciata dal leader cinese al quotidiano messicano Reforma, ha scritto che Hu avrebbe esortato i membri del G20 a “continuare a portare avanti le riforme del sistema finanziario internazionale e ad arrivare ‘velocemente’ alla riforma delle quote e della governance”.
Il South China Morning Post ha scritto che le riforme proposte nel 2010 daranno alle economie emergenti maggior voce in capitolo su come il Fondo viene gestito tramite una revisione delle quote di voto. La Cina diventerà così il terzo membro più importante dell’Fmi.
Secondo quanto ha scritto il quotidiano di Hong Kong, “nel 2010 il direttivo del FMI ha presentato una riforma delle quote, che, se approvata, potrebbe aumentare la quota cinese fino a oltre il 6 per cento dall’attuale 3,72 per cento”. La riforma non è ancora stata approvata dagli stati membri.
Secondo Gregory Chin, un ricercatore presso il Centro per la governance Internazionale con sede in Canada, i cinesi “stanno cercando un’opportunità per collegare il tema dell’aumento dei contributi cinesi al Fondo con la precondizione che i paesi in via di sviluppo ottengano un peso maggiore”.
Le cose non starebbero così per Ding Yifan, ricercatore presso il Centro per la ricerca sullo sviluppo del Consiglio di Stato, secondo il quale “la Cina non ha posto precondizioni per aiutare l’Europa”.
Secondo i media internazionali cambiare i meccanismi sui quali si fonda il Fondo monetario non sarà facile. È infatti probabile che “nel supportare la causa dei Paesi emergenti, la Cina incontrerà resistenza da parte delle economie avanzate”.
Forse non è un caso che la proposta di riforma delle quote di voto sia “in ritardo perché alcuni paesi, inclusi gli Stati uniti, che non l’hanno ancora ratificata”.
La pensa così anche Ding Chun, un esperto di affari europei presso l’Università Fudan di Shanghai: “Gli Stati uniti, anche se non vogliono che l’Europa crolli, non abbandoneranno il loro ruolo di guida al Fondo monetario solo per far si che la Cina contribuisca in modo maggiore”.
* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.
[Scritto per Lettera 43; Foto Credits: studio1.it]