Necessario strumento di autosupporto per digerire i fraintendimenti e le inquietudini quotidiane. Quando ogni sforzo di dialogo interculturale cede davanti alla bieca logica capo-dipendente.
2 luglio 2010, 10:01
Puntiglio
Forse ha capito che non può proporre un articolo al giorno… perché non scrive in Italia per l’Italia. Ieri mi confessa candidamente che l’articolo sulle intercettazioni – su cui lavoriamo da settimane! E non ne posso più di ripetere sempre le stesse cose – ancora non l’hanno usato. Ma và? Dico io.
È devastante il numero di volte in cui ti chiede di fare le stesse domande. Chiamo per un premio: lo assegneranno a una studiosa giapponese. L’ufficio stampa per lo più risponde: non lo so. Poi lui intervista la vincitrice. Dopo cosa fa? Vuole risentire l’ufficio stampa per terza conferma (sulle stesse questioni già chieste una prima volta e poi risentite dalla giapponese!).
Per la questione casa anche non si dà e non dà pace agli altri. Forse ne ha trovata una che gli garba. Ma – richiesta esplicita e tassativa – dopo la visita con l’agente, domanda alla mia amica-collega di chiamare di nuovo l’agenzia per sapere se possono mettere tostapane e fornetto a microonde: sono la condicio sine qua non per prendere l’appartamento…
2 luglio 2010, 11:51
Japan, the strange country
I sottotitoli in italiano sono un po’ improbabili, ma in complesso questa breve sintesi sul giappone in due parti (1 e 2) è gradevole, benché un po’ scontata.
*Lavoro per un giornale giapponese, ma in Italia. Non parlo giapponese, ma passo le giornate a discutere con un giapponese: il mio capo. Ne ho cambiati diversi, eppure molte questioni sono rimaste le stesse. Ce n’è una, poi, a cui proprio non so dar risposta: che ci faccio qui? (senza scomodare Chatwin per carità)