L’Asia non è immune alla crisi. Secondo quanto affermato dalla Banca mondiale, la crisi del credito in Europa si sta facendo sentire anche dall’altra parte del mondo con un calo sensibile delle esportazioni. Risultato: quest’anno la Cina potrebbe registrare la crescita più bassa dal 1999.
Proprio per questo la Banca mondiale ha rivisto al ribasso le sue previsioni di crescita per la Cina. A novembre si stimava una crescita dell’8,4 per cento, ora si parla di 8.2.
E le conseguenze – dato che la Cina è il principale motore economico del continente – peseranno su tutta l’area dell’Asia orientale, con una crescita generale in discesa al 7,6 per cento.
Considerando che l’anno scorso la crescita del Dragone è stata del 9,2 per cento, si tratta di un netto e preoccupante ribasso.
Secondo il South China Morning Post, la classe politica cinese sarebbe a conoscenza del problema. Durante un incontro del Consiglio di Stato tenutosi il 23 maggio, il Primo ministro Wen Jiabao, ha usato una metafora sostenendo che “il governo dovrebbe prepararsi per i giorni di pioggia” e ha aggiunto che “l’estensione degli aggiustamenti delle politiche economiche dovrebbe essere accresciuta secondo quanto richiesto dalla situazione recente”.
Per questo motivo – continua il South China Morning Post – Wen Jiabao avrebbe detto che il governo centrale deve “arginare l’inflazione, stabilizzare la crescita e cambiare la struttura dell’economia”. Ed è la seconda volta in una settimana che Wen sottolinea la priorità di mantenere una crescita stabile.
Il governo cinese non è l’unico a sostenere la necessità di cambiare marcia in tema di politica economica. Secondo quanto ha riportato il quotidiano di Hong Kong, è stata la stessa Banca mondiale a consigliare di conferire la più alta priorità alle politiche fiscali, come "il taglio dei tassi d’interesse e l’aumento della spesa nel welfare” al fine di “ incoraggiare la domanda della società e stimolare i consumi”.
Anche i privati sono pessimisti per il futuro. Bank of America-Merrill Lynch, Mizuho e Société Generale hanno tutte abbassato le loro aspettative per la crescita cinese, prevedendo che per quest’anno il dato finale dovrebbe essere compreso tra 8 e 8,6 per cento.
Secondo quanto riportato dal South China Morning Post anche loro consiglierebbero al governo cinese di intervenire per contrastare il trend negativo: “si aspettano che Pechino tagli i tassi d’interesse e riduca ulteriormente il tasso obbligatorio di riserva – cioè la proporzione di capitale che le banche devono obbligatoriamente mantenere in cassa quando fanno dei prestiti”.
Il South China Morning Post ha inoltre raccontato che anche a Hong Kong – che fa parte del territorio cinese ma gode di una notevole indipendenza – l’ottimismo scarseggia.
La federazione che riunisce le industrie della città ha infatti condotto un’indagine su oltre cento aziende operanti nell’area della Cina meridionale, scoprendo che nell’ultimo mese tre imprese su quattro hanno sperimentato il crollo record del 20 per cento nelle vendite all’estero.
A conferma di quanto sostiene la Banca mondiale, anche in questo caso le compagnie intervistate “hanno sentito l’impatto della crisi del debito nella zona euro e della scarsa domanda in America, e temono che il peggio debba ancora venire”.
* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.
[Scritto per Lettera 43; Foto Credits: economia.bloglive.it]