Thailandia – Il fantasma di Amphon Tangnoppakul

In by Simone

La morte in carcere di un vecchio ex autista malato di cancro rilancia in Thailandia la polemica sulla legge di lesa maestà. Amphon Tangnoppakul stava scontando vent’anni di carcere per aver spedito quattro sms critici contro la monarchia thailandese. Ora il suo fantasma inizia a far paura davvero.
C’è un cadavere scomodo in Thailandia: quello di Amphon Tangnoppakul, il nonno che era salito agli onori della cronaca lo scorso novembre per essere stato condannato a vent’anni di prigione dopo avere inviato quattro sms offensivi nei confronti della monarchia del paese dei sorrisi.

Alla sua condanna surreale persino nell’ottica della legge di lesa maestà thailandese, che prevede una pena massima di quindici anni di reclusione, si era aggiunta l’incertezza che Amphon fosse il vero autore dei messaggi: pare che l’apparecchio, il giorno in cui gli sms incriminati furono inviati dal suo numero,  fosse in riparazione.

Inoltre l’uomo, oltre ad essersi dichiarato incapace di mandare un sms dal telefonino, sembra addirittura si destreggiasse a fatica col thailandese scritto.

Quindi, a rendere l’incarcerazione ancora più clamorosa, si era aggiunta la decisione delle autorità thailandesi di rifiutargli cauzione e arresti domiciliari, nonostante fosse malato di cancro, e, a quanto sembra, persino attenzioni mediche durante la sua prigionia.

Ma questo emerito sconosciuto – ex autista di furgoni, anziano, sinothailandese– è deceduto lo scorso 8 maggio dopo avere accusato dei dolori addominali apparentemente ignorati dal personale carcerario, e soltanto adesso sta iniziando a fare paura a tanti.
Adesso: più da morto che vivo.

Articoli riguardanti la sua storia – e di conseguenza sulla controversa legge di lesa maestà thailandese – sono apparsi già a poche ore dal decesso su testate estere del calibro di New York Times, Wall Street Journal e Bbc. Persino la stampa thailandese – di solito convenientemente letargica quando si tratta di notizie riguardanti la lesa maestà –ha dovuto affrontare la questione.

Il dibattito sulla lesa maestà thailandese è dunque riesploso, sia all’estero che in Thailandia.
Il governo di Bangkok ha deciso di bloccare le importazioni dell’Economist, che aveva criticato duramente l’applicazione della legge, mentre a Londra la questione è stata portata all’attenzione del governo.

Nei prossimi giorni l’esecutivo dovrà rispondere sul suo ruolo di rappresentanza in relazione al caso Amphon e sulla sua valutazione se quanto sta succedendo in Thailandia non sia in contraddizione con gli impegni presi dal paese, firmatario della Dichiarazione universale dei diritti umani.

In Thailandia, invece, la vicenda ha rivelato la solita estrema polarizzazione sociale e politica.  Social network bollenti, con opinione pubblica divisa tra messaggi di condoglianze alla vedova e attacchi alla legge da una parte, insulti ad Amphon e l’augurio che chiunque non ami il re faccia la stessa fine dall’altra.

Anche fuori dalla rete la situazione è incandescente. Un’attrice thailandese, ad esempio, ha espresso pubblicamente forti critiche nei confronti di Amphon: un gesto che le è quasi costato un’azzuffata con alcune camicie rosse.

Parte del mondo accademico e intellettuale si è espressa per l’ennesima volta contro la legge, facendo nuove pressioni perché venga quantomeno emendata.

Ma queste richieste sembrano incontrare orecchie sorde: il governo Yingluck Shinawatra ha ribadito nuovamente che non ha alcuna intenzione di riformare la norma che "protegge" il re dalle critiche dei suoi sudditi.

Il governo Shinawatra si trova da tempo in una posizione molto difficile proprio per quanto riguarda la questione della maestà lesa, e il cadavere di Amphon lo spinge ancora di più nell’angolo.

Da una parte, continuando con una politica del lassaiz faire, corre il rischio di alienare i suoi stessi sostenitori, visto che parte delle camicie rosse è caratterizzata da una più o meno moderata matrice antimonarchica.

Dall’altra, però, un’iniziativa riformista nei confronti della legge infiammerebbe gli animi dei suoi detrattori, già sospettosi nei confronti di un governo che è spesso accusato di essere segretamente repubblicano.

L’opposizione, pur non lasciandosi scappare l’occasione del decesso di Amphon per accusare la presente amministrazione di negligenza, non ne ha né rinnegato l’arresto (avvenuto a seguito di una segnalazione partita proprio da un deputato all’interno del suo partito), né giustificato la condotta erronea dell’uomo, né messo in dubbio la legge.

Al contrario, il leader dell’opposizione, Abhisit Vejjajiwa, ha annunciato che questionerà il governo Shinawatra riguardo al budget allocato per “la protezione della monarchia” per l’anno 2013. Secondo Vejjajiwa, questo piano di protezione manca di sostanza.

Uno dei suoi principali punti sarà proprio verificare l’intenzione delle camicie rosse, a detta sua appoggiata da alcuni membri della maggioranza, di amendare la legge di maestà lesa: un provvidimento che, accusa, fa a pugni con il desiderio di proteggere la monarchia.

Se da una parte è dunque comprensibile che il governo si senta con le mani legate, dall’altra deve anche riconoscere di trovarsi in equilibrio su un filo molto sottile.

Anche se è difficile dire fino a che punto, sembra già esserci una spaccatura all’interno delle camicie rosse, alcune delle quali hanno già iniziato a manifestare la propria delusione nei confronti di un governo apparentemente pronto a tradire le speranze dei suoi elettori – e, come in questo caso, persino a sacrificare una vita – pur di mantenere il potere.

Questa visione è rafforzata del recente riavvicinamento della premier ad alcuni rappresentanti dell’élite e dell’esercito, che originariamente costituivano il bersaglio della battaglia rossa.

Ma anche la stessa monarchia potrebbe trovarsi invischiata nelle conseguenze della morte in carcere di Amphon. La legge di maestà lesa sembra avere un effetto controproducente proprio nei confronti di chi si offre di proteggere. Più viene applicata, appare chiaro, più le critiche rivolte a Rama IX si intensificano – e non solo in patria.

I casi di maestà lesa negli anni successivi al golpe del 2006 (solitamente inteso come pro-monarchico) dopotutto sono passati dai 33 del 2005 ai quasi 600 dell’anno scorso, forse a specchio di un Paese in cui le pecore nere si stanno moltiplicando a una velocità impressionante.

In un cablogramma riservato diffuso tramite Wikileaks, la diplomazia statunitense descrive l’arresto di pesci piccoli come Amphon come parte di una politica di “uccidere la gallina per avvisare la scimmia”.

Ma questa volta, qualcosa sembra essere andato storto persino con la gallina. Il cadavere di questo nonno si sta rivelando un fantasma che, proprio come nell’immaginario collettivo thailandese, sembra destinato a perseguitare il mondo dei vivi ancora a lungo.

[Foto credit: ibtimes.co.uk]

* Edoardo Siani vive in Thailandia dal 2002. Lavora come insegnante di inglese e di italiano e come interprete per la polizia locale. Sta raccontando gli anni trascorsi in uno slum di Bangkok in un libro.