La nostra rassegna quotidiana
Il Partito ritorna alle radici
Il secondo mandato di Xi Jinping è cominciato con una visita simbolica nel luogo dove nel luglio 1921 Mao Zedong e altri 12 compagni fondarono il Partito comunista cinese. Martedì il presidente, il premier Li Keqiang e i rimanenti cinque potenti del comitato permanente Politburo sono volati a Shanghai per riaffermare l’unità del Pcc a pochi giorni dall’ammissione pubblica della presenza di elementi votati al perseguimento dei propri interessi a discapito del bene comune (gli epurati Sun Zhengcai, ex segretario di Chongqing; Ling Jihua, ex braccio destro del presidente Hu Jintao e Zhou Yongakang, l’ex zar della sicurezza). Il tour nella capitale economica del Sud fa il paio con il viaggio inaugurale effettuato da Xi nel 2012: al tempo fu scelta Shenzhen, culla delle riforme economiche. “In 96 anni il partito non ha mai cambiato la nostra aspirazione originaria nel compiere la missione storica del grande ringiovanimento della nazione cinese, in periodi di debolezza o forza, di prosperità o avversità”, ha affermato il segretario generale insignito pochi giorni fa, al termine del 19esimo Congresso del partito, dell’ennesimo ruolo politico: quello di lingxiu (leader) concesso soltanto a Mao e al suo successore Hua Guofeng. Non è escluso che l’accento posto sulla necessità di rafforzare la leadership rossa non vada solo letto come un ammonimento contro gli avversari politici ma anche come un diversivo dall’accentramento del potere che minaccia la leadership collegiale introdotta da Deng Xiaoping per scongiurare un ritorno al culto della personalità del Grande Timoniere.
Xi invita Kim Jong-un alla collaborazione
Il presidente cinese auspica “che, data la nuova situazione, la parte cinese si impegni con la Repubblica popolare democratica di Corea a promuovere i rapporti tra le due parti … per uno sviluppo stabile e per contribuire in modo positivo a fornire ai popoli dei due paesi una maggiore felicità e difendere la pace regionale, la stabilità e la prosperità comune”. E’ quanto — secondo la stampa nordcoreana — Xi ha risposto al giovane leader a pochi giorni dal messaggio inviatogli da Kim per complimentarsi della rinomina alla guida del Partito comunista cinese, al termine del 19esimo Congresso. Si tratta di un raro scambio diretto tra i vertici dei due paesi un tempo alleati ma sempre più distanti per via della reticenza cinese a tollerare una Corea del Nord nuclearizzata. Durante il suo primo mandato quinquennale Xi Jinping non è mai stato a Pyongyang e secondo fonti autorevoli i due governi avrebbero interrotti i contatti più di un anno fa. L’ultimo messaggio del presidente cinese risale più o meno a quel periodo, quando Xi scrisse al leader nordcoreano in occasione del Congresso del Partito dei Lavoratori. Proprio la Corea del Nord sarà in cima all’agenda di Trump atteso a Pechino l’8 novembre.
Cina: sempre più secondi figli
Oltre la metà dei bambini nati nei primi otto mesi del 2017 sono secondi figli. Vale a dire che il 52% degli 11,6 milioni di nuovi nati nel periodo gennaio-agosto ha un fratello più grande, ha spiegato alla stampa cinese Wang Peian, vicedirettore della National Health and Family Planning Commission, evidenziando un netto incremento rispetto al 2016, quando solo il 46% delle 18,5 milioni di nascite aveva interessato secondi figli. Pechino ha stanziato l’equivalente di 596 milioni di dollari per la costruzione di nuovi ospedali pediatrici e prevede di incrementare il personale ostetrico a 140.000 entro il 2020. Intanto l’aumento della domanda di professionisti dell’infanzia ha portato alla nascita di corsi di laurea ad hoc per levatrici e bambinaie.
Preoccupate dal rapido invecchiamento della popolazione, le autorità cinesi hanno ammorbidito il controllo delle nascite un paio di anni fa. Una mossa tardiva e insufficiente, che secondo molti esperti deluderà le proiezioni ufficiali. Proprio di recente il Scmp ha messo in risalto come il National Bureau of Statistics abbia smesso di pubblicare i dati annuali sul tasso di fertilità specifica delle donne in età fertile, ovvero la misura di quanti bambini sono nati per gruppi di età diversi.
I numeri abbaglianti della lotta contro la povertà
La lotta contro la povertà è stato uno dei leitmotiv del primo quinquennio di governo Xi. Stando a quanto affermato dal presidente, lo sarà ancora almeno per un lustro. Entro il 2020, Pechino si è prefissato di liberare tutta la popolazione cinese dallo stato di povertà. Il miglioramento della qualità della vita è tra le priorità del partito che fino a oggi ha consolidato la propria autorità sulla base di una crescita economica sostenuta e sull’emancipazione di 700 milioni di poveri. Oggi sono solo 43 milioni le persone a vivere con 95 centesimi al giorno; all’inizio del mandato di Xi erano ben 100 milioni. Ma gli esperti mettono in guardia dai dati abbaglianti, dirottando l’attenzione sulle statistiche parziali emesse da Pechino. Basta considerare che 400 milioni di cinesi — ovvero il 40% della popolazione — vivono ancora con meno di 5,50 dollari al giorno (World Bank). E molti di loro non risiedono necessariamente nelle campagne, verso cui il governo inietta la maggior parte delle proprie attenzioni, bensì nelle città. Dei 200 milioni di lavoratori migranti fuggiti dalle zone rurali buona parte non è riuscito a trovare una collocazione dignitosa.
Primo viaggio di Suu Kyi tra i rohingya
La leader della Lega nazionale per la democrazia ha effettuato un’inaspettata visita nello stato Rakhine, straziato dal conflitto tra l’etnia buddhista e quella minoritaria musulmana dei rohingya non riconosciuta da Naypyidaw. Secondo quanto affermato stamattina ad Afp da Zaw Htay, portavoce del governo, Suu Kyi “è ora a Sittwe e andrà anche a Maungdaw e a Buthiduang. Sarà una gita di un giorno”. Non è chiaro se la Lady visiterà i villaggi dati alle fiamme dall’esercito nella caccia ai ribelli islamici o se avrà modo di incontrare le poche famiglie rohingya ancora nel paese. Sono 600mila le persone ad essere fuggite in Bangladesh dopo l’ultima escalation di violenza di agosto. Suu Kyi presiede la commissione incaricata di gestire il rimpatrio degli sfollati sulla base di una serie di criteri stabiliti insieme al governo di Dhaka. Ma giusto ieri Zaw Htay ha accusato il Bangladesh di ritardare le operazioni per intascarsi nuovi sussidi internazionali.
Abe ricomincia dalla Corea del Nord
“Un forte mandato dalle persone è una fonte di forte diplomazia”. Lo ha dichiarato Shinzo Abe ieri dopo essere stato rieletto premier con una schiacciante maggioranza e a pochi giorni dalla vittoria alle legislative del suo Liberal Democratic Party (LDP). Abe, in lizza per diventare il capo di governo nipponico più longevo del dopoguerra, ha ora i numeri per far passare la riforma della costituzione pacifista che verrà comunque sottoposta all’attenzione dell’opinione pubblica. Proprio la sua conversione militarista in chiave anti-Nord Corea sembra avergli assicurato un sostegno popolare altrimenti dato in discesa. “Come trattare” con Pyongyang sarà uno dei temi che il premier giapponese discuterà con Trump, atteso nel Sol Levante sabato prossimo. Forte di un nuovo mandato, Abe si è nuovamente detto propenso a una linea dura, l’unica in grado di riportare il Nord al tavolo delle trattative.