Wen visita l’Islanda prima di ogni altro paese europeo. E mentre ammira i geyser e abbraccia i bambini, stringe accordi commerciali. La Cina vuole diventare osservatore permanente nel Consiglio artico. Per avere un accesso privilegiato alle risorse e al Passaggio a Nord-est.
“Nonno Wen” ha cominciato dall’Islanda la sua visita di quattro stati europei. Trecentoventimila anime nell’Atlantico del nord hanno avuto la precedenza sui tedeschi (secondi), svedesi (terzi) e polacchi (quarti) e non tutti l’hanno accolto bene.
Qualcuno ha scritto “Free Iceland” sul muro di una sala concerti dove il premier cinese avrebbe pranzato, echeggiando il ben noto “Free Tibet”, altri hanno manifestato contro la repressione della setta Falun Gong.
La premier Islandese Johanna Sigurdardottir l’ha incalzato sul tema dei diritti umani per poi dichiarare alla stampa che “Wen Jiabao è un riformista, ci siamo trovati d’accordo su molti punti”.
Wen abbraccia spesso i bambini, soprattutto nei luoghi in cui è appena capitato qualche disastro (e dove puntualmente lo spediscono a consolare e rassicurare). E l’Islanda, negli ultimi 3 anni, ne ha viste di cotte e di crude.
“[Johanna Sigurdardottir] ha detto che l’Islanda appoggia la Cina affinché diventi osservatore del Consiglio Artico, sostiene la partecipazione della Cina all’esplorazione pacifica nella regione, ed è disposta a rafforzare ulteriormente la cooperazione con la Cina”, recita il comunicato del governo di Pechino.
Oggi è sempre più strategico: metterci un piede dentro significa avere più possibilità di accesso alle risorse della regione polare, in prospettiva sempre più accessibili a causa dello scioglimento dei ghiacci.
Riduce di circa 4mila miglia nautiche la tradizionale rotta in direzione ovest, che passa attraverso il canale di Panama, e non è esposta alla pirateria come il percorso che dal canale di Suez continua attraverso l’Oceano Indiano e il Sudest Asiatico.
L’ingresso sulla scena della Cina, con la sua mole e le sue risorse, potrebbe essere ben visto dall’Occidente come contrappeso all’assertività di Mosca. E poi Pechino arriva con gli investimenti, si capisce.
“Non dimenticate che siamo rimasti isolati ai margini del duro Atlantico per secoli. L’Islanda è sempre un po’ preoccupata dalle altre nazioni”, ha detto a Reuters il ministro degli Esteri Ossur Skarphédinsson.
Il punto, con il nuovo arrivato, è trovare un equilibrio tra soldi cinesi e rischi di penetrazione, in un quadro che si complica per le mosse indipendenti delle singole imprese.
All’interno dei singoli Stati ci sono poi le imprese che, a loro volta, hanno piani specifici, non necessariamente in linea con quelli nazionali. Questo complica lo scenario".
* Gabriele Battaglia è fondamentalmente interessato a quattro cose: i viaggi, l’Oriente, la Rivoluzione e il Milan. Fare il reporter è il miglior modo per tenere insieme le prime tre, per la quarta si può sempre tornare a Milano ogni due settimane. Lavora nella redazione di Peace Reporter / E-il mensile finché lo sopportano.