Informazioni e consigli per chi vuole andare a vivere in Cina. Farsi una pensione, cambiare residenza, cambiare e spedire valuta in Italia. Una guida ristretta su come affrontare i problemi della vita quotidiana in terra straniera. Sono arrivata a Shanghai nel 2010 e mi sono subito sentita a mio agio qui, tanto che ormai considero questa città la mia seconda casa.
Ho ottenuto un lavoro, superato i primi scogli del visto e dell’assicurazione sanitaria; insomma, ho cominciato a pensare al futuro, qui. Eppure sento che molte questioni rimangono insolute: che cosa sono io in Cina? E in Italia?
In Italia risulto disoccupata o, come si legge ancora sulla mia carta di identità, studentessa. In Cina lavoro, pago le tasse e affitto un appartamento. Come si conciliano queste due realtà? Non c’è il rischio che entrino in contrasto?
Cerchiamo di fare il punto della situazione.
Abitare all’estero non significa essere residenti all’estero. Un italiano che abita all’estero resta residente in Italia fino al momento in cui si iscrive all’Aire (Anagrafe Italiana Residenti all’Estero) dichiarando così il proprio cambiamento di residenza.
L’iscrizione all’Aire è un dovere civico per chi intende risiedere all’estero per più di un anno e va fatta entro i 90 giorni dall’espatrio presso il consolato o l’ambasciata più vicini. Il cambiamento di residenza ha alcuni vantaggi: la possibilità di votare, di ottenere certificati e servizi per il rinnovo dei documenti.
Nella realtà gli iscritti all’Aire sono pochi, perché si temono gli svantaggi legati alla perdita della residenza in Italia: l’impossibilità di accedere alla sanità pubblica una volta rientrati o di usufruire di vantaggi fiscali e legali legati alla residenza. Il problema maggiore però risiede nel fatto che l’effettiva registrazione all’Aire richiede parecchio tempo, talvolta anni.
Tuttavia non c’è relazione tra il cambio di residenza e il versamento delle tasse, infatti se si risiede e si lavora all’estero per più di 183 giorni l’anno (come dipendenti), il nostro sistema ci considera automaticamente come tributari di un altro paese.
Dove vanno le mie tasse in Cina? Dopo potrò avere una pensione?
Nel caso si venga assunti in Italia, parte delle tasse versate dal datore di lavoro vanno a contribuire alla propria pensione in Italia.
Al momento però molti italiani vengono assunti con contratti cinesi. In questo caso, secondo la nuova normativa del governo cinese, le tasse versate dal datore di lavoro vanno in parte a coprire la pensione.
Questa innovazione non è ancora del tutto implementata, perché molte città vi fanno resistenza, temendo che l’innalzamento del costo della manodopera straniera freni gli investimenti.
Ci sono inoltre alcune situazioni particolari: se per esempio si è già lavorato in Italia e in seguito si viene assunti con un contratto cinese, al fine di usufruire degli anni di contributi iniziali è necessario riscattare quelli non versati, con costi altissimi.
Per evitare questa situazione, se si sono già versati almeno 3 anni di contributi in Italia, si può fare versamento previdenziale volontario.
E un investimento privato?
Dal 2009 in alcune città cinesi è possibile contribuire volontariamente alla previdenza pubblica cinese, che è usufruibile in Cina a partire dal quindicesimo anno di versamenti.
I fondi pensionistici infatti sono usufruibili nel paese in cui sono stati aperti e nella valuta di quel paese.Aprire un fondo pensione in Italia è una scelta logica se si pensa di tornare in patria presto o tardi.
Tuttavia c’è un dato a cui fare attenzione: i fondi pensione in Italia sono solo “integrativi” cioè servono ad integrare la pensione pubblica: di conseguenza, se non si è mai lavorato in Italia, oppure non si ha aspettativa di ricevere pensione in Italia, questo tipo di finanziamento non è utilizzabile.
I rmb non possono uscire dalla Cina… come posso inviare i miei soldi in Italia?
Il governo cinese attua una stretta politica di controllo sui flussi di valuta in entrata e in uscita dal paese, e questo si riflette nelle difficoltà che si incontrano per cambiare e inviare denaro nel proprio paese.
Il passaggio più difficile è proprio cambiare di valuta: attualmente un cittadino straniero può cambiare solo 3000 rmb al giorno. Se si percepisce uno stipendio regolare è possibile provare a cambiare di più, presentandosi in banca con una serie di documenti: passaporto, permesso di residenza, libretto di lavoro, contratto e ricevuta del versamento delle tasse.
Purtroppo questo metodo si rivela difficoltoso per molti, e ci sono dei modi per ovviare a questo problema. Tra le soluzioni più o meno rischiose c’è la possibilità di affidarsi ai cambiavalute non ufficiali (comunque sconsigliabile, è illegale) oppure ad un amico cinese che cambi il denaro al proprio posto.
La spedizione, invece, presenta problemi minori, ma bisogna tenere conto che il costo può variare da banca a banca, come anche i tempi di consegna. Alcuni preferiscono utilizzare Western Union o dei servizi online, reputandoli più veloci ed affidabili.
*Gaia Alessi è nata ad Aosta, nel 2010 si laurea in Traduzione e Interpretariato (lingue cinese e inglese) presso l’Università Ca’Foscari di Venezia. Nello stesso anno arriva a Shanghai per partecipare all’Expo Internazionale e senza rimpianti decide di fermarsi in questa città. Dopo aver provato diverse professioni, al momento è impiegata in uno studio italiano di consulenza fiscale e contabile. Nel tempo libero si allena per la maratona e continua a studiare il cinese: il suo obbiettivo è arrivare a leggere i suoi romanzi preferiti in lingua originale.
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