Siamo ufficialmente abitanti del villaggio di Bollophur, periferia di Santiniketan, periferia di Bolpur, a tre ore da Calcutta, Bengala Occidentale. Questi sono i nostri diari.
Alcuni giorni fa siamo riusciti a farci installare a casa la tv satellitare, nella speranza di uscire dalla bolla bengalese nella quale ci siamo naturalmente ritrovati scegliendo di vivere ai confini della civiltà del Bengala occidentale.
Il processo non è stato semplice: dopo aver diligentemente pagato l’anticipo all’ufficio preposto – gestito da un vecchio signore dedito a sfogliare giornali sotto l’aria condizionata per la maggior parte della sua esistenza, immagino – abbiamo invano atteso che il tecnico venisse a trapanare la parabola sul nostro soffitto.
Dopo 20 giorni di telefonate e appuntamenti presi sistematicamente ignorati dal suddetto tecnico, decidiamo di passare alle minacce, raggiungendo in un accaldatissimo pomeriggio il rivenditore Tata Sky e giocando al poliziotto buono e cattivo.
Carola, in un bengali perfetto, faceva leva sul buon nome del negozio e sulla pessima reputazione che avrebbe guadagnato dal mostruoso ritardo della consegna del dekoder; io, più prosaicamente, urlavo in un bengali approssimativo, sbattendo la mano destra sul tavolo, “Voglio le mie mille rupie qui! Ora!”
Il tecnico si è diligentemente materializzato davanti al nostro cancello la mattina seguente, spiegando che i giorni precedenti ha dovuto "accompagnare il padre molto malato all’ospedale”, e in mezzora abbiamo potuto gustarci l’intera gamma del pacchetto base Tata Sky: un variegato assortimento di canali in hindi (che né io né Carola mastichiamo a sufficienza per trarne giusto giovamento) più sprazzi di reti in bengali. History Channel, Fashion Tv e National Geographic gli unici in inglese.
Dopo un paio di sere passate a decodificare le cervellotiche trame della cinematografia indiana – il cattivo, il buono, la bella, lo stupido grassoccio, la madre e le parenti più strette gelose – decidiamo di esagerare e aggiungere i pacchetti English Movies e English News.
Raggiungiamo quindi l’ufficio centrale di Tata Sky della contigua cittadina di Bolpur – il vecchio col giornale, senza sorpresa, si è rivelato inutile.
L’ufficio centrale è un antro buio dalla serranda abbassata abitato da un ragazzo poco sotto la trentina che, ancora senza sorpresa, non aveva la minima idea di come si potessero aggiungere i pacchetti opzionali Tata Sky al proprio account.
Dopo aver girato nelle mani l’esaustivo depliant di Tata nascosto sotto una pila enorme di carta straccia, se ne esce trionfante con la sua soluzione.
“Dovete tornare a casa, chiamare il servizio clienti e dire loro quale pacchetto volete aggiungere; il servizio clienti ci contatterà e a quel punto dovrete tornare qui, pagare, noi daremo il via libera; infine dovrete tornare a casa e aggiungere il pacchetto dal vostro decoder”.
Tutte palle. Il sottoscritto, che ormai ha un minimo di dimestichezza con la forma mentis dell’homo bengalensis medio, aveva controllato il giorno prima su internet e, per fare la suddetta operazione, il sito web di Tata Sky mostra ben sei opzioni differenti.
Nessuna delle sei corrisponde alla versione dell’abitante dell’antro Tata Sky di Bolpur.
Torniamo quindi a casa e tentiamo di entrare nel nostro account online, ma scopriamo – ancora senza sorpresa – che l’account è stato registrato non con la nostra email (che infatti non ci è mai stata chiesta), ma con un indirizzo a noi sconosciuto appartenente chissà se al vecchio col giornale, all’abitante dell’antro, o al tecnico, o al padre malato.
Non ci perdiamo d’animo, e chiamiamo per la prima volta il servizio clienti nazionale. La prima di una lunga serie.
Spiego la problematica – mettere la mia mail al posto di quella ignota, molto semplice – al gentile telefonista che, rispondendo nella variante inglese piena di retroflesse parlata correntemente nel subcontinente indiano, annuncia che è tutto sistemato, a breve mi arriverà una mail di conferma.
Passano le ore, e la mail non arriva.
Richiamo e scopro che lo spelling del mio indirizzo di posta elettronica non è andato a buon fine: l’operatore aveva scambiato m con n.
Ripeto molto lentamente aiutandomi con la geografia locale.
“M come Mumbai…J come Jaipur…O come…qualsiasi città indiana che inizi con la O”.
“Grazie sir, è tutto a posto sir”.
Vero niente.
Oggi mi rimetto al telefono e dopo altri due tentativi andati a vuoto, finalmente intravedo un barlume di speranza quando ricevo una mail dal servizio clienti.
“Complimenti, l’operazione è andata a buon fine, clicchi qui per fare login”.
Clicco, inserisco numero di telefono, email e password, si apre la pagina personale.
“Buongiorno Kunvaljit Singh, benvenuto nella sua pagina personale”.
Mi ritrovo quindi a navigare dentro l’account di un punjabi sconosciuto, cliente di Tata Sky residente nei pressi di Amritsar, approssimativamente a 2000 km di distanza da qui.
Controllo le impostazioni e scopro che stavolta l’indirizzo email era corretto, ma la serie di numeri del codice stampato sulla mia scheda Tata è stata mal interpretata, generando casualmente la combinazione numerica della scheda in questo momento inserita in un decoder nei pressi di Amritsar di proprietà del signor Singh. Pacchetto base più Punjabi channel.
Richiamo per la quinta volta in due giorni il servizio clienti.
“Hello sir, how can I help you?”
“Siediti comodo, la questione è abbastanza lunga…”
Racconto tutta la trafila, l’operatore hummeggia.
“M come Mumbai, J come Jaipur, 1-8-0-9…sì, provo ad entrare. Clicco login, clicco submit. Allora vado? Clicco?”
“Yes sir…”
“Funziona! Funziona! Sei un grande, sei l’operatore migliore di tutto il tuo ufficio! Sei un mostro, è cinque volte che chiamo e tu ci sei riuscito! Grazie! No, non mi serve nient’altro, grazie grandissimo. Mitico. Eroe!”
“Thank you sir, thank you sir.”
Clic.