Monti in Cina. Soldi, soldi, soldi

In by Simone

Il premier italiano in visita a Pechino ha incontrato la sua controparte cinese. Mario Monti ha difeso le riforme in Italia, ma soprattutto ha chiesto investimenti. Senza risparmiare complimenti al Dragone, che "non esporta autoritarismo" e "forma ottimi dirigenti".Un bocconiano alla scuola centrale del Partito comunista, non poteva che rivelare sorprese. Nell’austera e marmorea atmosfera del cuore del comunismo cinese, Mario Monti tesse le lodi della scuola del più grande Partito comunista del mondo che avrebbe formato tanti ottimi dirigenti locali.

Non solo, perché Monti afferma di esserne rimasto altrettanto influenzato, quando ospitò il suo presidente, anni fa, proprio alla Bocconi.

Un marxismo dalle caratteristiche bocconiane che fa sorridere l’auditorium quando il premier italiano – durante le domande e le risposte con i funzionari cinesi – attribuisce al capitalismo gran parte delle colpe dell’attuale crisi in America e in Europa, dovute ad una eccessiva rilassatezza su quelle che erano le regole da rispettare.

Una captatio benevolentiae che preclude alla chiarezza degli intenti che fanno da sfondo alla visita del premier italiano in Cina. Monti lo ripete tre volte durante il suo discorso: "ci auguriamo che la Cina possa diventare un partner strategico della crescita italiana, attraverso investimenti economici e finanziari nel nostro paese".

Ha chiesto soldi e fiducia Monti, giocando sul valore economico della "simpatia" che un eventuale impegno diretto della Cina in Italia porterebbe nelle corde della nostra opinione pubblica: "in caso di investimenti – ha specificato – la Cina non sarebbe più vista come una minaccia per i prodotti nazionali, bensì come un elemento di fiducia nei confronti dei mercati circa la solidità del paese".

Affari e psicologia: con un tono monocorde Monti è parso cercare di convincere i cinesi sul restyling italiano più che cercare accordi specifici, ben conoscendo il momento di trapasso della leadership locale che a ottobre cambierà i propri vertici.

Nella mattinata di ieri Monti ha incontrato il premier Wen Jiabao, ricalcando quanto ripetuto in questa due giorni pechinese: da un lato ha ottenuto una lista di potenziali collaborazioni sino italiane, sulle quali fin da subito si comincerà a lavorare, dall’altro ha dipinto i quattro pilastri delle riforme del suo governo, per dimostrare ai cinesi la solidità del sistema Italia, di cui si è detto fiducioso più volte.

Il pareggio di bilancio, le pensioni, le liberalizzazioni e la riforma del lavoro: questi i quattro "successi" che Monti ha provato a vendere alla Cina, dando per scontato che l’opinione pubblica italiana sia disposta ad accettare i sacrifici, purché presentati in modo pacato.

Il premier, inoltre, si è sbilanciato anche sull’impegno italiano in sede europea perché la Terra di Mezzo venga riconosciuta come economia di mercato.

Wen è parso apprezzare questa inaspettata vena filo cinese di Monti, dicendosi convinto che "l’Italia riuscirà ad affrontare lo scenario internazionale e a realizzare una nuova crescita economica attraverso le riforme".

Durante la conferenza stampa di chiusura della giornata, Monti ha anche affrontato argomenti spinosi, come ad esempio "le preoccupazioni e riserve che ci sono in Italia e in Europa dal punto di vista dei diritti umani in Cina".

Citando l’intervento di Napolitano nel 2009 – effettuato proprio alla scuola di Partito – Monti ha però sottolineato l’importanza e la saggezza del detto che suggerisce di "comprendere prima di giudicare".

Il tema dei diritti umani sarebbe stato toccato anche nell’incontro con Wen e alla domanda circa il rischio che la Cina possa esportare autoritarismo, dal premier italiano una risposta molto netta: "non mi pare stia aumentando l’autoritarismo nel mondo e in ogni caso non è la Cina a esportarlo".

[Scritto per Il Fatto Quotidiano; Foto credit: cina.quotidiano.net]