Wen Jiabao in conferenza stampa al termine della V sessione dell’XI Congresso nazionale del popolo. Affronta temi come debito, crescita, diseguaglianza e riforme. Ma soprattutto l’affaire Chongqing e il rischio di una nuova Rivoluzione culturale. Oggi il terremoto politico: Bo Xilai è stato sostituito dal vice-premier Zhang Dejiang.
Riforme politiche o caos. Gira i pollici e quasi abbassa la voce il primo ministro cinese Wen Jiabao quando ammette davanti ai giornalisti che senza una riforma politica per il Paese sarà impossibile consolidare i risultati raggiunti negli ultimi anni, con il rischio di dover fronteggiare disordini.
Peggio ancora, il premier ha paventato per la Cina una nuova Rivoluzione culturale, evocando il decennio di caos scatenato nel 1966 da Mao Zedong e sfociato in una fratricida lotta per il potere e per la purezza ideologica.
Non è la prima volta che Wen parla di riforme. Lo fece nel ottobre del 2010, intervistato dalla Cnn, e prima ancora a Shenzhen, nel trentennale dell’istituzione della Zona economica speciale.
Questa volta però la platea è stata quella della conferenza stampa di chiusura dell’annuale sessione plenaria dell’Assemblea nazionale del popolo, massimo organo legislativo della Cina.
L’ultima sessione di Wen nelle vesti di premier prima del cambio di leadership previsto per il prossimo autunno. Nonostante il tono grave e l’ammonimento alla responsabilità affinché non si ripetano le tragedie del passato, mancano nel discorso del primo ministro indicazioni precise su quali siano le riforme da adottare.
Nessun riferimento quindi a possibili svolte multipartitiche del sistema cinese. D’altronde già un anno fa l’agenzia ufficiale Xinhua aveva additato proprio il multipartitismo come una delle soluzioni che avrebbero fatto sprofondare la Cina in una seconda Rivoluzione Culturale.
Così come l’apertura e le riforme avviate trent’anni fa, anche il processo auspicato da Wen dovrà essere “ordinato e graduale” e sarà affidato alla Quinta generazione di leader che guiderà la Cina nei prossimi dieci anni.
Tradendo commozione il primo ministro ha confessato di essere “dispiaciuto” per i problemi economici e sociali che il Paese ha attraversato nell’ultimo decennio e ha detto di volersi “assumere la responsabilità” per gli ostacoli che la Cina ha dovuto affrontare durante i suoi nove anni di mandato.
Da qui i passaggi sulla disparità nella distribuzione del benessere, sulla perdita di credibilità e sulla corruzione. Sono i temi che lo hanno reso“nonno Wen”, soprannome coniato per la sua vicinanza -non è dato sapere se sentita o meno- al popolo in difficoltà.
Un’immagine costruita andando in prima linea nei soccorsi alle vittime del terremoto in Sichuan nel 2008, discutendo sui social network con i cittadini, facendosi paladino del rispetto dei diritti dei contadini espropriati.
Ed è qui che nascono i dubbi sul personaggio spesso indicato come il riformatore opposto al più austero e conservatore presidente Hu Jintao.
Di Wen si ricorda la foto che nel 1989 lo ritrae giovane dietro l’allora segretario del Partito comunista, Zhao Ziyang che incontra gli studenti in protesta su piazza Tian’anmen e che per questo fu epurato.
Sulle pagine della rivista Beijing zhi chun, lo scrittore Chen Pokong tuttavia analizza come Wen fu in realtà l’uomo di fiducia di Deng Xiaoping incaricato di tenere d’occhio il liberale Zhao.
Le attuali posizioni sarebbero quindi spinte da una sorta di rimorso per quando accaduto al segretario e a un volersi identificare con lui.
Come Zhao però anche Wen sarebbe dovuto già essere sconfessato da un partito in cui le sue idee sembrano non trovare spazio. Questo non avviene; perciò, conclude Chen, si potrebbe anche ipotizzare che i due attuali leader della Cina siano protagonisti di una sorta di gioco delle parti.
Non a caso lo scrittore dissidente Yu Jie, costretto a riparare negli Usa, ha dedicato al premier un libro intitolato “Il più grande attore della Cina”, in cui Wen è tacciato di ipocrisia.
Il passaggio più forte della conferenza stampa però è stato proprio l’aver evocato la Rivoluzione Culturale, tema ancora considerato tabù. Si è trattato, forse, di una stoccata a Bo Xilai, fautore di una strategia comunicativa dal sapore maoista.
“Il Partito a Chongqing deve riflettere su quanto successo”, ha poi aggiunto in riferimento al caso Wang Lijun, braccio destro di Bo nella campagna antitriadi nella megalopoli, che a febbraio cercò asilo nel consolato Usa per cause ancora da chiarire, ma gettando dubbi sull’astro nascente del Pcc.
[Scritto il 14 marzo per Il Riformista]* In assenza della trascrizione ufficiale della conferenza stampa di Wen, la tag cloud che vi proponiamo si basa sulla selezione dei punti topici e sulla traduzione di Reuters.