Elton John e il gay pride malese sono entrati nel mirino delle frange islamiche più radicali del paese. Se il concerto della popstar britannica sembra essersi salvato dalla censura, la manifestazione Seksualiti Merdeka rischia la sospensione, in un paese che vorrebbe farsi paladino dell’islam moderato
La religione islamica usa il termine haraam per indicare quelle azioni che fanno commettere peccato. L’omosessualità è considerata come uno dei bastoni più fastidiosi tra le ruote del carro guidato da Allah. Nel caso della Malaysia, alcuni recenti avvenimenti hanno propriamente lanciato delle travi morali talmente haraam da aver mandato quel carro ideologico fuori strada.
"Non lo vogliamo, è gay e promuove l’edonismo. Non è un fatto accettabile nella cultura malaysiana". All’alba della prima apparizione del famoso cantautore gay Elton John in Malaysia, queste sono le parole di protesta del movimento giovanile islamista PAS del Pahang, uno tra gli stati più islamici della nazione.
Secondo il Malaysian Insider, il portavoce del PAS Shahril Azman Abdul Halim avrebbe affermato che permettere l’esibizione del noto cantante inglese sarebbe un incentivo "all’incoraggiamento di comportamenti promiscui, al consumo di alcolici e alla fornicazione tra i giovani malaysiani, nonché una distrazione dai propri doveri religiosi."
La protesta pare non aver avuto effetto sul normale svolgimento del “Greatest Hits Tour” che, dopo la data di Kuala Lumpur del 22 novembre, toccherà Singapore per poi spostarsi a Jakarta. Gli organizzatori non vogliono pronunciarsi sulla faccenda, concentrandosi invece sulla buona riuscita del concerto.
Nel 2008, il PAS aveva già tentato di boicottare un concerto dell’artista canadese Avril Lavigne accusandola di essere “troppo sexy per la Malaysia”. Nonostante le critiche, la reginetta del pop aveva ottenuto l’approvazione governativa e condotto il suo concerto senza alcun problema davanti a migliaia di fan.
Le vicende della musica popolare non sono le uniche manifestazioni omofobe verificatesi in Malaysia negli ultimi mesi: vi si aggiunge un veto posto sul gay pride Seksualiti Merdeka (sessualità libera), festival annuale dedicato ai diritti di lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersex e queer che dovrebbe celebrare la sua quarta edizione nelle prossime settimane.
Il festival è supportato dalla premier Ambiga Sreevanasan, che aveva appoggiato la protesta Bersih 2.0 lo scorso luglio. Anche nel caso del Seksualiti Merdeka, la polizia ha minacciato una repressione violenta tra le strade della capitale Kuala Lumpur se i manifestanti si coalizzeranno per difendere i diritti degli omosessuali.
L’omosessualità in Malaysia viene ancora vista come un pericolo e un affronto, e si mischia alla causa politica all’alba delle prossime elezioni. In un comunicato stampa apparso sulla pagina web della manifestazione il co-fondatore Pang Khee Teik ha affermato che il veto è una conseguenza delle scorse affermazioni di alcune NGO affiliate al Seksualiti Merdeka, critiche verso la mancanza di aderenza ai diritti umani del governo malaysiano.
Inoltre, questo veto appare un diversivo per spostare l’attenzione pubblica dalla diffusione dei bilanci delle spese governative, tipicamente corrotte. "Questa controversia è un chiaro esempio di come la Malaysia non rispetti i diritti umani, e non solo quelli dei LGBT (Lesbo Gay Bisexual Transgender), ma di tutte le minoranze. Che si tratti di rifugiati politici, popolazioni aborigene o LGBT, il governo letteralmente se ne infischia" ha dichiarato un infuriato Pang Khee Teik, intervistato dalla stazione radio BFM.
Il vice presidente del PKR N. Surendran – Partito della Giustizia Popolare – è intervenuto ricordando alle autorità e al Ministero degli Interni che, in base al diritto di libera espressione predicato dall’articolo 10 della costituzione malaysiana, vietare il festival sarebbe un atto anticostituzionale: "Il diritto di esprimere la propria preferenza sessuale è contemplato. Dunque, l’inchiesta e il divieto non sono altro che un disgustoso abuso di potere" ha dichiarato Surendran a Malaysia Today.
I recenti problemi degli LBGT non sono ancora finiti: i due stati di Melacca e Pahang hanno avanzato in questi ultimi giorni una proposta di legge che, parallelamente alla sharia – la legge coranica – che già prevede la fustigazione e sino a 20 anni di reclusione, dovrebbe rendere i presunti omosessuali musulmani anche perseguibili secondo la legge civile. In questo modo, se punito da entrambe le leggi, un individuo potrebbe scontare una lunghissima, doppia pena.
A riguardo dei nuovi provvedimenti, il primo ministro dello stato di Malacca Mohd Ali Rustam ha affermato in un’intervista alla Reuters che "troppa gente parla di proteggere i diritti umani, arrivando sino al punto di parteggiare per lesbiche e omosessuali. In Islam questo non è permesso, è contro la nostra legge." Rustam ha concluso che i musulmani gay saranno anche obbligati ad attendere un consultorio, affermando inoltre che si prevedono persecuzioni legali anche per gli eterosessuali che supportano o hanno simpatie per i diritti LBGT.
Secondo The Star, il principale Imam del Pahang Abdul Rahman Osman è ben felice di appoggiare le leggi islamiche che tollerano la violenza contro gli omosessuali. "Bisogna prendere misure concrete contro questo problema, che è abnormale e non può essere accettato", ha affermato Osman.
Questi atteggiamenti estremi richiamano un episodio dello scorso aprile: 66 studenti tra i 13 e i 17 anni vennero inviati in una speciale scuola anti-gay nello stato conservatore del Terengganu per essere “rieducati” a modificare il proprio comportamento effemminato in uno più mascolino.
James Chin, direttore della Scuola Delle Arti e Scienze Sociali del distaccamento malaysiano della Monash University di Melbourne, ha affermato al Malaysian Insider che questa serie di provvedimenti sembrano alquanto ironici, dal momento che la maggioranza della popolazione omosessuale nel paese è di etnia Malay, e quindi musulmana per diritto di nascita.
"Creando queste leggi per colpire le minoranze sessuali, il governo sta in realtà colpendo solo la propria gente".
Nel frattempo, la Malaysia rimane col fiato sospeso aspettando l’arrivo di Elton John e del Seksualiti Merdeka, impotente di fronte alle decisioni del governo musulmano dominante.
* Marco Ferrarese ha suonato per 10 anni nei The Nerds Rock Inferno, una delle poche punk rock band italiane capaci di infiammare i palchi di Europa e Stati Uniti. Dal 2007, incuriosito dall’Asia, si trasferisce in oriente. Ha vissuto in Europa, Cina, Stati Uniti e Australia, e viaggiato in circa 40 paesi. Al momento vive, scrive e lavora in Malesia, a Penang. Il suo sito è www.monkeyrockworld.com
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