Si preoccupa della reincarnazione per non rinunciare al suo potere temporale. E si comporta come una celebrità che fatica a prendere atto che il suo tempo è finito. Ecco come Xinhua ci descrive il XIV Dalai Lama, il "monaco politico".
Il 24 settembre, dopo un incontro con i leader tibetani, il XIV Dalai Lama ha rilasciato un comunicato in cui ha affermato che deciderà da solo in chi reincarnarsi e che la Cina non dovrebbe avere alcuna voce in capitolo su questo: lascerà istruzioni scritte. " Questi sono i metodi legittimi attraverso cui si riconosce la reincarnazione. Non è ammesso nessun altro riconoscimento, soprattutto di candidati scelti con fini politici. Questo vale per chiunque, anche per la Repubblica popolare cinese", ha aggiunto.
Negli ultimi due anni, il Dalai Lama ha sollevato la questione della sua reincarnazione in molte occasioni. Secondo il leader spirituale buddhista, il suo successore potrebbe essere scelto mentre lui è ancora in vita. La sua reincarnazione potrebbe essere designata o eletta in un conclave in stile papale, potrebbe essere una ragazza e potrebbe vivere in Cina. Oppure no. Da aprile, quando il Dalai Lama ha trasferito il suo ruolo politico a Lobsang Sangay, nuovo primo ministro del "governo in esilio", la questione è stata dibattuta ogni mese.
In quest’ultima occasione ha anche aggiunto che si consulterà con gli studiosi buddhisti per valutare se l‘istituzione del Dalai Lama debba o no continuare. La reincarnazione dei Buddha viventi ha sempre seguito rigorose convenzioni storiche, rituali e religiose e, dal 1653, tutti i Dalai Lama sono stati approvati dal governo centrale cinese. Ora il XIV Dalai Lama, sembra così desideroso di trasmettere la sua volontà di "indipendenza del Tibet" da sfidare i rituali.
Ovviamente, la sua è una sfida personale. È veramente disposto a ritirarsi dalla politica, rischiando, con ogni probabilità, di finire nel dimenticatoio di Dharamsala, sede del suo "governo in esilio"?
Il Premio Nobel per la pace, autore di diversi libri a favore dell’indipendenza del Tibet e ingiuriosi nei confronti dei dirigenti del Partito comunista cinese, sembra riluttante ad abbandonare politica e riflettori. Da quando è fuggito dalla Cina nel 1959, il “monaco politico” s’è goduto il suo ruolo: ha viaggiato in tutto il mondo e ha raccolto riconoscimenti vendendo la sua pretesa di indipendenza. Teme la perdita di popolarità come una star. Una perdita che non farebbe male ai suoi compagni tibetani, ma che certamente finirebbe per annunciare il fallimento del suo tentativo separatista, una "causa" a cui egli ha dedicato gran parte della vita.
Così ha continuato la sua campagna politica anche dopo aver rinunciato al potere politico come capo del governo tibetano in esilio. Il Dalai Lama lo sa, spesso è stato usato dagli occidentali per fare pressione sulla Cina. Così, in cerca di fama e di potere, ha deviato dai comandamenti del buddhismo e ha usato la sua religione come mezzo per arrivare al suo personale successo politico.
Il Dalai Lama ha 76 anni. Dovrebbe seriamente seguire gli insegnamenti del Buddha Sakyamuni e cercare il dharma che lo liberi dall’incessante susseguirsi di vita e morte. E invece si preoccupa della sua reincarnazione. [SPi, CAg] [Foto credits: milosciaky.blogspot.com]