(In collaborazione con AGICHINA24)
Sina Corp. – il primo operatore di servizi di microblog cinese – punta alla realizzazione di un “sistema di credibilità” per limitare la diffusione sul web di "false notizie".
Sina Corp. – il primo operatore di servizi di microblog cinese – punta alla realizzazione di un “sistema di credibilità” per limitare la diffusione sul web di false notizie. Lo riferisce un insolitamente esplicito Charles Chao, presidente della compagnia, aggiungendo che i trasgressori saranno puniti con una serie di pene più o meno dure a seconda dell’entità del ‘reato’.
“Molti rumor vengono pubblicati con intenti maligni, altri nascono invece dal fatto che Weibo – il Twitter cinese prodotto di punta di Sina Corp. – mette a disposizione degli utenti solo 140 caratteri cinesi. Spesso il sunto dei fatti che ne viene fuori costituisce in realtà un’informazione distorta” ha spiegato Chao, intervenuto domenica al China Digital Media Summit di Pechino. Per il momento il sistema è ancora in fase embrionale, ma “dovrebbe funzionare più o meno come i siti di e-commerce” spiega ancora il presidente di Sina.
Negli ultimi mesi le pressioni sulla non diffusione di alcune notizie da parte delle autorità nei confronti degli operatori di Weibo si sono fatte sempre più insistenti.
Dopo il sistema di censura ribattezzato “Muraglia di Fuoco” e l’arresto delle voci contrarie al partito, è questa l’ultima mossa del governo per frenare la scalata di social network e blog ‘colpevoli’ di alimentare i dibattiti sulla rete e di permettere la circolazione di commenti e informazioni sgradite a Pechino. Due gli episodi principali che hanno attirato su Weibo gli occhi del Dragone: l’incidente ferroviario di Wenzhou che il 23 luglio costò la vita a 44 persone e le proteste scoppiate lo scorso mese a Dalian contro una fabbrica petrolchimica.
In entrambe le occasioni i netizen hanno usato il microblog per puntare il dito contro il governo e far sentire la propria voce. In particolare, nel primo caso le autorità cinesi furono accusate di scarsa attenzione al salvataggio delle vittime e al risarcimento dei familiari, nel secondo il tam tam sul web obbligò le autorità locali a garantire la rilocalizzazione dell’impianto. Le due vicende hanno riaperto il dibattito all’ interno dei circuiti politici sulla regolazione della comunicazione via internet che contrappone due correnti principali: da una parte ci sono coloro che vedono nei blog una strada verso una maggior trasparenza dei fatti nazionali e dall’altra coloro che li demonizzano.
Con un bacino di 200 milioni di utenti registrati e uno scambio di 75 milioni di commenti al giorno, Weibo non rappresenta solo un forum online, ma una vera e propria realtà sociale – senza voce, ma dalla penna fluida e attenta – i cui dibattiti vanno a pesare su quello che Pechino definisce “mantenimento della stabilità sociale”, in virtù del quale tenta di mettere il bavaglio alle voci contrarie al partito. Obiettivo che il Dragone ha già raggiunto con social network come YouTube, Facebook, Flick, Twitter che risultano completamente bloccati dopo i sanguinosi scontri etnici del luglio del 2009 nello Xinjiang e accessibili solo tramite particolari proxy che permettono di aggirare la macchina della censura cinese.
Intanto analisti e netizen si interrogano sulle conseguenze del sistema di credibilità e sono in molti a ritenere che ad alimentare le schiere di siti controllati dal governo si aggiungerà presto anche Weibo su cui il governo sta pian piano incrementando il controllo.