Ritratto di un premier destinato a passare alla storia per le riforme che non ha saputo introdurre. Maestro nell’arte del galleggiamento politico, amato dal popolo e accusato di essere "Il più grande attore cinese".
A cinque giorni dal disastro di Wenzhou, davanti alla rabbia montante dell’opinione pubblica e ad una gestione mediatica dell’incidente quasi catastrofica, il Partito comunista cinese (Pcc) ha deciso di giocare la carta Wen Jiabao, una sicurezza.
Il 68enne premier cinese vanta infatti una certa dimistichezza nell’affrontare pubblicamente questioni molto delicate, diventando di fatto negli ultimi anni la faccia buona dell’establishment di Zhongnanhai, sede del governo cinese a Pechino.
Stavolta però le cose non sono andate come sperato, complice una grossa – ed inusuale – gaffe del premier durante la conferenza stampa. Scusandosi per non essere potuto intervenire prima, Wen ha spiegato di essere stato male e di aver seguito il consiglio dei medici: riposo assoluto.
Poche ore dopo, mentre la stampa occidentale accostava il malessere del premier alle recenti voci – poi smentite – sulla morte dell’ex presidente Jiang Zemin, alcuni blogger sbugiardavano Wen Jiabao riportando le prime pagine del Quotidiano del Popolo della settimana precedente, dove Wen campeggiava un giorno sì e un giorno no al fianco di primi ministri, delegazioni commerciali straniere e in foto di rito durante appuntamenti politici.
Il premier del popolo aveva mentito e, a guardar bene, non è stata nemmeno la prima volta.
Coi suoi sorrisi, il suo fare amichevole e le frequenti lacrime versate a favore di telecamera, negli ultimi anni la figura di Wen Jiabao si è imposta prepotentemente nell’immaginario collettivo della politica cinese. Suo il compito di derimere i dissidi tra società civile e classe politica, sua la responsabilità di mostrare un Partito immanente, vicino al popolo ed ai suoi bisogni.
Per questo lo scivolone della conferenza stampa di sabato 23 luglio, andata in scena davanti alle rovine ferroviarie di Wenzhou, dove meno di una settimana prima uno scontro tra due treni superveloci aveva causato 40 morti e diversi feriti, alimentando l’ira di chi in Cina lamenta una cieca corsa al progresso a discapito della sicurezza della popolazione.
Wen si è detto impossibilitato a letto a causa di un malore, cercando di mantenere intatta la fama dell’uomo delle emergenze, ma la verità è corsa immediatamente sui fili di internet: nei giorni in cui il premier doveva essere a riposo, i giornali nazionali riportavano riassunti e materiale fotografico della sua fittissima agenda, fatta di incontri istituzionali con alte cariche straniere ed imprenditori giapponesi.
La distanza tra le parole di Wen Jiabao e la verità è stata ancora una volta rimarcata, rafforzando l’infelice fama di “attore” affibbiata al premier cinese in tempi non sospetti, tanto che nel 2010 ad Hong Kong venne pubblicato “China’s best actor: Wen Jiabao”, un libro che raccoglie tutte le menzogne o le promesse disattese della terza carica più alta nell’organigramma cinese.
Libro che, per ovvi motivi, nella Repubblica popolare cinese risulta introvabile.
UNA CARRIERA TURBOLENTA – Classe 1942, Wen Jiabao ha scalato la piramide del Pcc seguendo di volta in volta le correnti più propizie e – caratteristica inusuale nella politica cinese – riuscendo sempre a rimanere a galla.
Nei primi anni Ottanta entra nelle grazie dell’allora segretario generale Hu Yaobang – fedele collaboratore di Deng Xiaoping – approdando al Comitato centrale del Pcc.
Pochi anni dopo, quando Hu fu costretto alle dimissioni per non aver risposto con fermezza al malcontento degli intellettuali cinesi, Wen riuscì miracolosamente a salvarsi dalla caduta in miseria che solitamente accomuna i grandi leader ai loro protetti; passato sotto la protezione del nuovo segretario generale Zhao Ziyang, nel 1989 Wen riesce di nuovo a scansarsi dall’ennesima purga politica causata dal rifiuto di Zhao di appoggiare il massacro di piazza Tiananmen.
I carri armati invasero la piazza davanti alla Città Proibita, Zhao Ziyang perse ogni carica politica e fu confinato agli arresti domiciliari per 15 anni – fino alla sua morte – ma Wen Jiabao continuò imperterrito la sua scalata alla vetta, stavolta sotto l’ala di Jiang Zemin, terzo segretario generale consecutivo a richiedere i servigi del tecnocrate di Tianjin.
Nel 2003 diventa premier, rappresentando assieme al presidente Hu Jintao la Quarta generazione di leader dalla morte di Mao Zedong.
BILANCIO DELUDENTE – Per Wen Jiabao – in cabina di regia della superpotenza cinese da otto anni e in vista di pensionamento nel 2012 per far largo alla Quinta generazione – è tempo di amari bilanci.
Se la sua immagine è stata in costante sovraesposizione sin dal terremoto in Sichuan del 2008, quando incarnò il leader vicino alle masse con le mani nelle macerie guadagnandosi il titolo di “Nonno Wen”, il suo mandato rischia di rimanere negli annali del Pcc per le lacrime versate e le promesse infrante.
Nonno Wen, sostengono i suoi detrattori, ha la lacrima facile: si commosse davanti agli sfollati della nevicata record nel sud della Cina del 2008, davanti a minatori morti, delegati dell’associazione Cina-Giappone di Tokyo e, il pianto più celebre, in diretta tv tra le macerie di Wenchuan.
Un premier dalle lacrime di coccodrillo che da un lato ha costruito un legame intimo con gli strati più disagiati della società cinese ma che dall’altro, gli si rimprovera, dimostra di non riuscire ad agire efficacemente per prevenire incidenti o catastrofi.
Dal lato squisitamente politico, Wen Jiabao ha dimostrato una certa dose di camaleontismo geografico: nelle dichiarazioni in patria, sempre fedele alla linea governativa ufficiale, nessun accenno a riforme democratiche e puntuali interventi moralizzatori a contrastare mali intrinsechi al Partito come la corruzione; varcati i confini nazionali esce invece l’animo riformista, lasciando intendere un’imminente apertura democratica che, dati alla mano, non si è mai verificata.
Lo scorso anno il premier cinese dichiarò durante un’intervista a Fareed Zakaria per la BBC: “Io ed il popolo cinese siamo convinti che la Cina continuerà a fare enormi progressi e che la volontà e il bisogno di democrazia da parte del popolo cinese sia irresistibile. Spero che sarete in grado di vedere i continui progressi cinesi”.
Pochi mesi dopo, in concomitanza con la Primavera araba, un’ondata di arresti senza precedenti negli ultimi decenni ha fatto sparire la maggior parte dei dissidenti cinesi.
Più che un leader carismatico come i suoi predecessori, Wen Jiabao rischia di passare alla storia come un grande amministratore, un burocrate di alto livello, un uomo d’apparato.
Troppo debole all’interno del Comitato centrale per spingere sulle riforme, la maledizione di Nonno Wen è stata rinchiudersi nel ruolo caricaturale dell’uomo della speranza, delle promesse impossibili da mantenere: un personaggio affabile buono da dare in pasto ai tg ed all’opinione pubblica mondiale ma senza il peso politico per lasciare un’impronta indelebile del suo passaggio.
Impronta che proverà a lasciare chi è già pronto a sostituirlo, Li Keqiang, prossimo primo ministro, salvo sorprese, del Regno di Mezzo.