Il 26 dicembre ricorre il 130° anniversario dalla nascita del Grande timoniere. Ma in Cina questa ricorrenza ha perso i connotati di culto della personalità che aveva caratterizzato gli ultimi anni di vita del leader cinese. Ma la sua figura è ancora oggi un’icona tra il sacro e il profano
Non si può passare da piazza Tian’an Men, a Pechino, senza vedere il suo volto svettare sopra l’ingresso della Città proibita. Percorrendo con lo sguardo la piazza, al centro, lo sguardo viene invece interrotto dal monumento agli eroi del popolo e dal mausoleo che ne ospita il corpo imbalsamato. E pensare che il presidente Mao avrebbe voluto farsi cremare, ma il Partito trovò più consono destinarlo a una tumulazione degna di altri leader comunisti come Lenin e Ho Chi Minh.
Salendo su un didi per raggiungere un’altra parte della città potreste trovare un’icona del presidente Mao (毛主席 Mao zhuxi) sul cruscotto del tassista, passeggiando per il parco di Beihai potreste intercettare la cassa bluetooth di qualche cittadino che sta ascoltando “L’oriente è rosso” (东方红 dongfang hong) mentre passeggia. Se siete nella bolla social giusta – anche se non con la viralità del 2021 – vi potrebbe ancora capitare sotto gli occhi qualche video che utilizza la canzone del 1975 “Red sun in the sky” (天上太阳红彤彤 tian shang tai yang hong tong tong) per vari meme a sfondo commie.
Dalla ripresa del turismo rosso di chi visita i luoghi sacri del maoismo delle origini alle tante immagini di Mao sparse ai quattro angoli della nazione, oggi il culto del leader della Repubblica popolare è molto più contenuto e controllato dal governo centrale. Se da un lato la figura del Grande timoniere contribuisce a consolidare il nazionalismo cinese – non senza un certo fascino per le nuove generazioni, dall’altro lato il Partito è oggi attento che non si ripresentino delle situazioni di revisione storica concorrenziali all’attuale leadership.
In Cina l’anniversario del 2023 è stato festeggiato con un certo contegno, senza grandi celebrazioni. Diversamente in alcuni luoghi chiave legati alla sua figura si sono registrate manifestazioni e raduni rilevanti. Qui raccontiamo alcuni aspetti della Cina degli ultimi 130 anni che non avrebbero la stessa connotazione e significato se non fosse avvenuto quel fenomeno complesso e totalizzante che è stato il Maoismo.
Shaoshan, Changsha, Shanghai, Yan’An: una mappa (incompleta) dei luoghi sacri del Maoismo
L’anniversario della nascita di Mao è un affare serio per Shaoshan, la città natale del Grande timoniere. Qui, nel 2013, la municipalità ha investito circa 2,5 miliardi di dollari per prepararsi all’avvento di migliaia di turisti da ogni parte della Cina. A maggior ragione perché il 120° anniversario raggiungeva il compimento di dieci cicli di dodici anni, una cifra significativa per la concezione cinese del tempo che assegna uno dei dodici animali simbolici ogni anno. Questo villaggio della campagna hunanese ha visto nascere Mao nel 1893 e negli ultimi decenni è diventato un polo del turismo rosso, quello di chi viene a curiosare o a portare i propri omaggi ai grandi nomi che hanno dato vita alla Repubblica popolare nel 1949.
Giugno 1959, Mao a Shaoshan (XINHUA/Photo12.com)
Altra tappa immancabile di chi ricerca le tracce del Grande timoniere è Changsha, la capitale di provincia, dove nel 2009 è stata completata una statua che raffigura un giovane Mao. Anche in questo caso i numeri dicono tutto: 83 metri di lunghezza pari all’età della morte, 41 di larghezza come gli anni alla guida del Partito (dalla conferenza di Zunyi alla morte), 32 di altezza come l’età in cui scrisse un poema dedicato alla città.
La statua del giovane Mao a portata di social (Instagram)
Il turismo rosso di maoista memoria passa poi da Shanghai, la culla del comunismo cinese delle origini dove Mao e altri dodici compagni fondarono il Partito comunista cinese il 23 luglio del 1921. Oggi nell’edificio al civico 76 di Xingye Road si trova un museo che attira migliaia di turisti ogni anno (oltre 1,8 milioni dalla ricostruzione e ammodernamento del sito nel 1999). Altra tappa immancabile è Yan’An, una località che sarebbe oggi sconosciuta ai più se non fosse diventata la roccaforte della resistenza comunista durante gli anni del governo Guomindang (Gmd), dell’occupazione giapponese, della Seconda guerra mondiale e, infine, della guerra civile che si concluse con la vittoria dei comunisti e la fuga dei capi Gmd a Taiwan. Secondo quanto riferisce il ministero della Cultura e del Turismo, il numero di viaggi verso queste località è aumentato a 1,41 miliardi di unità nel 2019 rispetto ai 140 milioni del 2004.
L’uomo e il mito
Di Mao Zedong sappiamo molto e sappiamo poco. Come molte altre grandi personalità la fusione tra uomo e mito si perde tra le pieghe della storia. Certo è che prima di Mao e dopo Mao non è esistito nessun altro leader con tale presenza duratura nella politica, nella società, nell’economia cinese. Di lui si ricordano le citazioni onnipresenti nel linguaggio della propaganda cinese, i poster e i dazibao (大字报) con il suo ritratto e le immagini che lo raffigurano come il “sole rosso” che guida la nazione.
Tra le immagini iconiche di Mao si ricordano l’attraversamento a nuoto del fiume Yangtze (Fiume Azzurro) nei pressi di Wuhan nel luglio del 1966, un evento che viene tradizionalmente associato al lancio della Rivoluzione culturale. Oppure riemergono scene quasi incredibili di momenti come la donazione di un certo numero di manghi ricevuti dall’allora ministro degli Esteri pakistano (1969) ad alcuni gruppi di lavoratori che li avrebbero conservati al pari di reliquie sacre.
Il culto del mango spiegato in due immagini: una squadra di lavoratori riceve il “mango di Mao” e un esempio di teca commemorativa (Pikabu.ru)
Le ultime serie televisive, film e documentari a lui dedicati cercano invece – secondo lo stesso regista di The Lightseeker – La storia del giovane Mao Zedong (prima puntata: 18 dicembre 2023) Liu Biao – di far emergere un personaggio “autentico e con i piedi per terra, liberandolo dall’aura di un grande leader, […] mettendo in luce i suoi interessi e le sue emozioni di persona comune”. È sempre interessante ricordare che la maggior parte delle produzioni artistiche rimangano focalizzate sugli anni della gioventù di Mao e della lotta dei comunisti per la costruzione della Repubblica popolare, entrando raramente nel merito degli anni più drammatici del Maoismo.
Mao nuota nello Yangtze circondato dalle sue guardie del corpo (AFP)
Per molti aspetti Mao rimane il “leader spirituale del Partito unico”, come ha spiegato al South China Morning Post Xu Youyu, professore in pensione dell’Accademia cinese delle scienze sociali, e la sua figura “deve rimanere” in qualche modo presente nell’orizzonte ideologico del Pcc per mantenerne l’autorità. Ma allo stesso tempo l’idea del culto della personalità legato a metodi e linguaggi della Rivoluzione culturale rimane un tasto dolente per la drammatica eredità di quegli anni (senza contare la carestia causata dalle politiche del Grande balzo in avanti). Non solo: la ricerca di una continuità con il passato ha generato controversie interne al Partito come il successo di Bo Xilai che proprio nasceva da una mobilitazione “alla Guardie rosse” tale da far esplodere le speculazioni su un tentativo di sovvertire l’ascesa di Xi Jinping alla guida del Pcc.
“I leader rivoluzionari non sono dei, ma esseri umani”, aveva detto Xi Jinping durante un evento per commemorare il 120° anniversario della nascita di Mao. “Noi non possiamo adorarli come dei o rifiutarci di permettere alle persone di sottolineare e correggere i propri errori solo perché sono grandi. Né possiamo ripudiarli totalmente e cancellare le loro imprese storiche solo perché hanno commesso degli errori”.
Cultura pop e giovani insoddisfatti
Reliquie rosse. Questo è il termine utilizzato per tutti quegli oggetti che raffigurano Mao o riportano con il pensiero, in generale, ai tempi della Cina maoista. Non si tratta solo di manufatti risalenti agli anni Sessanta, ma anche di souvenir, repliche e oggetti da collezione che rimandano a una nostalgia legata – per molti cittadini cinesi – a un’idea della politica e dell’economia che oggi sembrano sempre più stridenti con la realtà. E le date chiave della liturgia del Pcc si prestano spesso a interpretazioni e rivendicazioni non sempre velate. Alla vigilia del 130° anniversario della nascita di Mao a Shaoshan si sono registrate manifestazioni commemorative con cori come: “Vogliamo il socialismo, vogliamo una vera proprietà pubblica, vogliamo il pensiero di Mao, non vogliamo il capitalismo”.
Venditore di souvenirs maoisti, Guangdong (THE CHINA PROJECT, 2022)
Dopo la tappa del 2021, centenario della nascita del Pcc, anche il 2023 rappresenta un momento cruciale per il Partito davanti a un’economia che ha perso i tassi di crescita annua a due cifre e un livello di disoccupazione (soprattutto giovanile) tale da far sparire il dato dalle statistiche. È vero che a Mao si attribuiscono solo alcuni errori della storia contemporanea cinese, come aveva affermato Deng Xiaoping con “30% errato e 70% corretto”. Ma è altrettanto vero che dopo trent’anni di apertura economica e riforme esistano schieramenti più favorevoli all’iniziativa privata e altri a sostegno dell’economia a guida statale.
Rievocazione storica della Lunga marcia a Zunyi, Guizhou (XINHUA, 2020)
Un discorso sempre più complesso ma che affascina le nuove generazioni che si trovano a pagare il prezzo di una crescita un tempo apparentemente illimitata. Anche se non è necessariamente da interpretare come una contraddizione: per molte “guardie rosse wannabe” la Cina di domani deve essere una Cina globale che mostra il suo lato forte al mondo, e non una realtà chiusa sull’autosufficienza. Così come tra i più “liberali” c’è chi mal vede l’allontanamento di Xi dal riformismo degli anni passati e l’intensità della campagna anticorruzione. Una realtà sfaccettata, fatta di dinamiche difficili da decifrare. E in tutta questa complessità difficile da navigare rimane la pesante eredità di Mao a fare da ancora alle speranze – o alla disillusione – dei cinesi.
Formazione in Lingua e letteratura cinese e specializzazione in scienze internazionali, scrive di temi ambientali per China Files con la rubrica “Sustainalytics”. Collabora con diverse testate ed emittenti radio, occupandosi soprattutto di energia e sostenibilità ambientale.